Haile Gebrselassie si ritira: “smetterò di competere, non certo di correre; la corsa è la mia vita”
“Dopo la maratona di New York annunciai il mio addio sulla spinta emotiva della brutta prestazione. Quando sono tornato in Etiopia però la reazione della gente mi ha travolto, non gli piaceva il modo in cui avevo deciso di porre fine alla mia carriera. E avevano ragione”. Il 7 novembre 2010, al 26esimo kilometro della New York Marathon Haile Gebrselassie abbandonò la gara e poco tempo dopo annunciò il suo ritiro dalle competizioni. Ci ripensò e qualche mese più tardi tornò a correre, veloce come prima. Ieri ha percorso addirittura due volte i 10 km della Great Manchester Run; la prima chiudendo al 16esimo posto, la seconda come passerella in mezzo a tutti gli appassionati, tra foto e applausi. E al traguardo ha annunciato il suo ritiro, che questa volta, a 42 anni, sembra essere definitivo. “Smetterò di competere, non certo di correre” ha dichiarato ai microfoni della BBC, “correrò finché vivrò, la corsa è la mia vita”.
Paula Radcliffe, che due settimane fa a Londra ha concluso la sua ultima maratona, ha twittato: “un atleta fantastico, un grande agonista e un uomo straordinario. Grazie Haile”. Questo è stato, lungo i suoi 25 anni di carriera, Gebrselassie, oro olimpico dei 10.000 a Sydney e Atlanta e in diverse occasioni su un podio iridato, tra il 1993 e il 2003. Tra strada e pista ha stabilito 27 record del mondo, tra cui quelli ancora imbattuti dei 20 km e dell’ora. È stato il primo uomo della storia a correre una maratona sotto le due ore e quattro minuti (2h03’59”), a Berlino nel 2008. Nel 1998 è stato nominato atleta dell’anno IAAF.
A metà tra leggenda e realtà, iniziò a correre per coprire i 10 km che separavano la scuola dal villaggio di Arssi. I suoi piedi di bambino accarezzavano lo sterrato e la sabbia con la leggerezza e il passo veloce che hanno contraddistinto la sua azione anche in età adulta. Divenuto famoso a livello internazionale, Haile Gebrselassie non si è dimenticato delle sue origini e ha sempre cercato di sensibilizzare l’attenzione del mondo sui problemi dell’Etiopia. Ha costruito scuole e dato lavoro a moltissimi suoi connazionali; ha creato la Great Ethiopian Run, la manifestazione podistica più grande del continente africano. Ed è ambasciatore di alcune iniziative internazionali.
Per la sua ultima gara (anche se qualcuno ha già detto che tornerà a competere sul serio) ha scelto la Great Manchester Run, di cui aveva vinto cinque edizioni. Ha corso con un grande sorriso, lo stesso mostrato all’arrivo durante l’intervista sul palco ma anche lungo tutta la sua carriera. “Sorrido perché sono uno sportivo e lo sport è nato per far felice la gente” aveva detto tempo fa, “se non fossi così contento di correre smetterei. Ma sono felice e corro perché mi piace correre, tutto qui”.